UNA PASSEGGIATA SOSTENIBILE
La notte si allontana lentamente....
La notte si allontana lentamente dalla musica del Castello di Gorizia, sulla scia delle note dei vini del Collio. Si lascia alle spalle anche l’eco dei passi per le vie, si tuffa nelle strade e viene a stendersi qui, al Castello di Spessa.
RESPIRARE LA PACE
Dopo una giornata di incontri e magie sul Collio, gli umani sembrano procedere a colpo sicuro verso il riposo.Ci si arrampica sulla collina in direzione del casale e per un attimo ci si dirige automaticamente alle camere, carichi di quella stanchezza buona che porta aver iniziato l’esplorazione di un territorio talmente ricco di suggestioni.
Ad un tratto, ci si rende conto che non è possibile. Bisogna voltare le spalle al casale e respirare questa pace. Non è solo l’aria fresca che placa un giugno già così autorevole, ma è questo senso di armonia che si palesa catturando più sensi.
Due in particolare. La vista conosce il buio vero, quello buono, che ci spoglia della necessità di frugare dentro tutto e ci permette di riposare veramente l’anima. Poco si muove in questa cortina scura, non ostile, e quindi possiamo restare immobili a mettere a fuoco ciò che conta veramente vedere: una piccola luce in fondo al paesaggio, è specchio di noi creature umane, arrivate fin quassù per una volta non per dominare, ma per mormorare un ringraziamento di essere parte di tanta bellezza.
Ma è anche l’udito a lasciarsi contagiare dalla riconoscenza. Il silenzio è messo alla prova soltanto dalle cicale o da un latrare lontano. Sì, questo è già riposo. Dal vociare che ci insegue dalle nostre città, dalle parole di troppo e dai pensieri che si insinuano a fatica in mezzo ad esse. Dalle luci che ci tempestano nelle metropoli e a volte anche nei paesi, come se puntare fare su tutto ci proteggesse totalmente. Eppure è qui, tra le colline dipinte di oscurità e mormorii, che mi sento veramente al sicuro, forse perché – prima ancora – mi sento parte di questo grande affresco. Minuscola e fragile, senza nemici. Poche ore e l’alba corre avanti, come se fosse ansiosa di mostrarci altri tesori, come se temesse che altrimenti ci perdiamo qualcosa di unico.
IL VIZIO BUONO DELL’ALBA
Da un po’ ho il vizio dell’alba, così come prima ero schiava del fascino del tramonto. Devo ringraziare un’altra creatura per questo cambiamento di tendenza: il mio gatto.
Prima mi svegliavo con la tela della giornata già preparata, adesso è come se mi porgessero un pastello e mi dicessero: dai, contribuisci anche tu, anche se sei un’artista maldestra.
Certo, non tutte le albe sono uguali. Qui al Castello di Spessa, esco ancora un po’ titubante, da cittadina che non vuole rinnegare tutte le sue abitudini, per quanto deleterie e deludenti alla lunga possano essere.
Scendo e risalgo, nel silenzio che il sole non vuole ancora incendiare. Pochi versi di animali intorno, se non gli uccellini che si radunano tra le fronde degli alberi. Tuttavia, non li ho ancora ascoltati, davvero. Devo arrivare fino al Castello e sedermi nella parte posteriore, sulle panche.
Immobile, come le statue che si posano tra le mura e i primi raggi, riesco a non dare nell’occhio o così mi illudo: la mia presenza si fa sostenibile, non invasiva, ma nemmeno indifferente. Così attorno a me riprendono a volteggiare con crescente decisione gli uccelli di diverse specie, chi ha da sussurrare, chi invece ostenta le idee chiare e strilla già di primo mattino.
PROVARE A VOLARE
Volare sembra un movimento così facile, per chi non può provarci: ma quando i volatili si fanno più vicini, si può ascoltare con precisione il rumore legato allo sforzo di fendere l’aria. Qualcosa che toglie il fiato e che svela come ogni creatura stia facendo di tutto, per vivere. Quest’aria, che ormai è smossa e sprigiona ogni profumo e riflesso. Anche in questo caso, un’esperienza preziosa, con ogni gesto umano ancora assopito: non c’è per adesso alcuna traccia che ci faccia percepire il nostro passaggio o così pare. Non un’auto che si sia messa in moto o anche solo l’aroma buono del caffè.
Più tardi ci penso, nella cucina del Conte Ludovico, un ambiente che ci vede tutti radunati e anche per questo ci fa sentire a casa. Improvvisamente, tutti dobbiamo salutarci, che ci conosciamo o no, e ci mettiamo a parlare con la naturalezza che hanno le creature là fuori. Lo ritroverò nel corso della giornata, questo sentimento di solidarietà – così mi viene da definirlo – che scaturisce da una bellezza rispettosa, camminando tra i vigneti e poi nel picnic che ci offre il contatto tra la bontà dei vini del Consorzio del Collio e la morbidezza di questa natura.
Intanto mi godo la passeggiata di Casanova, con tutto ciò che sa evocare. Nella mia mente, lo accostavo alla frenesia, alla voracità; al cospetto di tutto ciò, non ho più certezze e mi avvicino alle sue affermazioni, che scandiscono il percorso tracciato.
Mi colpisce proprio un frammento di frase, come una delle briciole che gli uccellini là fuori accolgono con gioia incredula. In questa pagina, Casanova racconta di quanto abbia amato e cercato di farsi amare; dà anche una definizione di quel quanto. “Per quanto possibile”.
Mi sembra una bellissima dichiarazione di sostenibilità. Dare e prendere, per quanto possibile, non una briciola di più, magari non una di meno. Godere della vita e di ciò che ci fa incontrare sulle sue colline, senza sfiancarla e senza snobbarla.
Questo mi accompagna, come un viandante che ne affianca un altro, senza bisogno di presentazioni, durante una passeggiata nel Collio.
Marilena Lualdi